giovedì 24 marzo 2016

Come vivere in guerra? Imparare dagli israeliani


Dalle lacrime alle dichiarazioni di coraggio dell’intera Europa di fronte all’ennesima scena di terrore a Bruxelles, dopo Parigi, Londra, Parigi, Istanbul (già perché pure Istanbul è Europa ed è bene ricordarcelo prima che vada alla deriva), passa il nulla. Un nulla che non dice la verità sulla paura e sulla sicurezza.
E’ bene che l’Europa inizi ad andare a scuola da Israele e dagli israeliani, un paese ed un popolo che vivono da mezzo secolo in guerra ma non la sentono, che sopportano la militarizzazione non come una prigionia di libertà ormai secondarie quale privacy, mobilità ma come una condizione per poter vivere guardando in faccia il proprio nemico; che non vivono certamente privi di paura e tronfi di un coraggio fatto di discorsi retorici televisivi ma la affrontano sapendo di avere alle spalle una compattezza di popolo ed apparati che li protegge.

Volete veramente che vi dicano di non avere paura tra un esplosione e l’altra o volete rinunciare a piccole porzioni di libertà affinché sappiate cosa si insinua in un aeroporto, in una metropolitana, in una scuola, in un edificio pubblico? Volete la nebbia nella mente o quella negli occhi del fumo delle esplosioni? E sappiate che la guerra è lunga e non si fa in Libia, in Siria, in Turchia ma in trincea a casa propria senza discorsoni del tipo “non cambieranno le nostre abitudini”. Sono già cambiate e ci stiamo prendendo in giro a dirci di no e fino a quando i nostri governanti, magari in coesione, non faranno una radiografia seria di chi e cosa attraversa le nostre città, la guerra è persa, in partenza.   

Nebbia

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