Sul sito della sua compagnia c’è ancora l’appuntamento con
il “pubblico” quel pubblico a cui si rivolgeva sempre con ossequio e
soddisfazione anche il padre e che ha proseguito l'attività con un giovane sostituto, come lui fece quando morì il padre, perché i De Filippo credevano profondamente che "il Teatro è questo", la fatica per un applauso del pubblico prima di tornare a casa, ai propri guai.
Sarebbe dovuto venire a Milano al Teatro Carcano ed ero già
con biglietto alla mano, come già nello scorso anno con “Sogno di una Notte di
mezza sbornia”, perché l’avvento di De Filippo a Milano significa aprire un
mondo, quello di Napoli, quello dell’amaro sarcasmo dei tempi vecchi e come di
quelli nuovi e soprattutto lo sbarco di un Sud troppo poco conosciuto in un
Nord ancora troppo artificiale.
E invece Luca De Filippo, l’”erede” designato ma soprattutto
l’artista che aveva fatto gavetta sin da 7 anni non ci sarebbe stato per
un’indisposizione, dopo aver già terminato a fatica le serate al Teatro Augusteo
a Napoli e destino ha forse voluto che nella terra dei suoi natali terminasse
un’altra grande pagina, anzi permetteteci di dire, l’ultima del teatro di una
volta, l’ultima di chi sapeva fare teatro per talento innato e non per
insegnamento.
Per la generazione di trentenni e quarantenni come la mia,
Luca De Filippo era il tramite necessario fra la storia dell’arte italiana e la
tradizione che non va dimenticata anche nella sua modernità, tra l’Italia di
una volta, della guerra e della miseria spiegate con ironia e con senso di
sopportazione e l’Italia di oggi quella della distrazione e della confusione
che hanno bisogno delle stesse armi che i De Filippo avevano e che altri non
hanno.
Con la sua morte che è la morte di una famiglia, muore il
teatro con quelle sue armi, l’ironia, la sopportazione, la poesia e la
coscienza di un popolo che non egli stesso non aveva dimenticato, dedicando le
sue ultime parole in un convegno agli “scugnizzi” di Napoli che non vanno prima
abbandonati e poi recuperati e costruendo una sua giovane compagnia per
tramandare il prezioso messaggio di suo padre Eduardo.
E ad entrambi che guarderanno questa vigilia di Natale da
lontano, non possiamo che chiedergli “Ve piace o’ Presepe?”.

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